INTERVISTA AL DIRETTORE ARTISTICO DE I VIRTUOSI ITALIANI
di Gianni Villani
I Virtuosi Italiani festeggiano 25 anni di attività: un risultato significativo per un ensemble che vive sostanzialmente delle proprie risorse e che il violinista Alberto Martini guida verso traguardi sempre più internazionali.
Maestro, quando con il collega Alberto Ambrosini ha fondato prima I Filarmonici, poi I Virtuosi Italiani, pensava di poter compiere tanta strada?
No certamente. L’Accademia I Filarmonici ha iniziato ad operare nel 1999, quando abbiamo organizzato i primi concerti, senza alcuna esperienza, ma sentivamo forte il desiderio di tentare quella strada. Abbiamo passato momenti molto difficili, perché la gestione di un’orchestra come la nostra non è semplice. Però questi 25 anni sono una realtà che nessuno può toglierci. Ne andiamo orgogliosi e fieri.
Quando è nata l’opportunità di acquisire poi la ragione sociale de I Virtuosi Italiani?
Nel 2007 i proprietari del complesso ci contattarono per ridare vitalità a una realtà che si stava spegnendo. Avevo già fatto parte de I Virtuosi e così abbiamo deciso di tentare l’investimento. Da allora, l’ascesa è stata costante con tour importanti negli Stati Uniti, Giappone, Russia, Paesi Baltici. Ora stiamo partendo per un tour che ci porterà in Lituania e Polonia. Abbiamo registrato per le più grandi case discografiche e nel 2021 ci è stato assegnato il Diapason d’or de l’année per un cd interamente dedicato a Rossini.
I Virtuosi Italiani hanno suonato con personalità internazionali della musica. Chi di queste ha lasciato una impressione particolare?
Abbiamo collaborato con moltissimi artisti internazionali, da Maisky a Repin, Mintz, Zukerman, dalla Zilberstein alla Pires, per non parlare di Ludovico Einaudi, Paolo Fresu, Uri Caine e in passato anche Chick Corea. Sarebbe difficile quindi dirne uno”.
Passare dalla musica barocca ad un genere più crossover vi è servito in termini di immagine?
Le nostre scelte artistiche sono sempre state dettate dalla curiosità di esplorare i diversi linguaggi, non per avere più visibilità. La nostra parola d’ordine è sempre: qualità, professionalità, serietà e grande rispetto per la musica. Un atteggiamento tenuto saldo in tutte le situazioni. Certamente una vita frenetica e faticosa per certi versi, ma mi considero un privilegiato perché sempre in mezzo all’arte.
Ci parli anche dell’attività parallela che avete nella Chiesa della Pietà di Venezia, teatro di molta produzione vivaldiana.
La programmazione di Venezia era un altro sogno nel cassetto della mia giovinezza: ebbi la fortuna di suonarci quando a 26 anni ero concertino nell’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia. Ne rimasi abbagliato. Il mio primo insegnante fu Piero Toso, uno degli interpreti vivaldiani di riferimento. Il mio legame con Antonio Vivaldi è strettissimo. Lo adoro da sempre e lo considero uno degli autori più geniali della storia della musica.
INTERVIEW WITH ALBERTO MARTINI, ARTISTIC DIRECTOR OF I VIRTUOSI ITALIANI
by Gianni Villani
I Virtuosi Italiani are celebrating 25 years of activity: a significant achievement for an ensemble that substantially lives off its own resources and that violinist Alberto Martini is leading towards increasingly international goals.
Master, when you and your colleague Alberto Ambrosini founded first I Filarmonici, then I Virtuosi Italiani, did you think you could go that far?
Certainly not. The Accademia I Filarmonici started in 1999, when we organised our first concerts, without any experience, but we felt a strong desire to try that road. We went through very difficult times, because managing an orchestra like ours is not easy. But these 25 years are a reality that no one can take away from us. We are proud of it.
When did the opportunity then arise to acquire the company name of I Virtuosi Italiani?
In 2007, the owners of the complex contacted us to restore vitality to a reality that was dying out. I had already been part of I Virtuosi and so we decided to attempt the investment. Since then, the rise has been steady with important tours in the US, Japan, Russia, the Baltic States. Now we are leaving for a tour that will take us to Lithuania and Poland. We have recorded for the biggest record companies and in 2021 we were awarded the Diapason d’or de l’année for a CD entirely dedicated to Rossini.
I Virtuosi Italiani have played with international music personalities. Which of these have left a particular impression?
We have collaborated with many international artists, from Maisky to Repin, Mintz, Zukerman, Zilberstein to Pires, not to mention Ludovico Einaudi, Paolo Fresu, Uri Caine, and in the past even Chick Corea. It would therefore be difficult to name one.
Has moving from baroque music to a more crossover genre helped you in terms of image?
Our artistic choices have always been dictated by our curiosity to explore different languages, not to gain more visibility. Our watchword has always been: quality, professionalism, seriousness and great respect for music. An attitude maintained in all situations. Certainly a hectic and tiring life in some ways, but I consider myself privileged because I am always in the midst of art.
Tell us also about the parallel activity you have in the Chiesa della Pietà in Venice, the venue for many of Vivaldi’s productions.
The Venice programme was another dream in the drawer of my youth: I was lucky enough to play there when I was a concertino in the La Fenice Theatre Orchestra in Venice at the age of 26. I was dazzled. My first teacher was Piero Toso, one of Vivaldi’s leading interpreters. My bond with Antonio Vivaldi is very close. I have always adored him and I consider him one of the most brilliant composers in the history of music.