MONICA ARMANI È ARCHITETTO, PROGETTISTA DI INTERNI E DESIGNER. IL SUO STILE PULITO E FRESCO SI CONTRADDISTINGUE PER L’ARMONIA CHE CREA NEGLI AMBIENTI. NOI LA ABBIAMO INTERVISTATA PER ANDARE PIÙ A FONDO IN CIÒ CHE FA E IN CIÒ CHE CREA.
Monica, lei è architetto, progettista di interni e designer. Il suo stile è elegante, pulito e morbido. Da cosa trae ispirazione e come ha trovato il suo stile?
Innanzitutto posso dire di essere nata nell’architettura. Mio padre è stato uno degli architetti protagonisti del movimento razionalista in Italia e innamorato dell’International Style. Da piccola giocavo tra una poltrona di Bertoia e le sedie di Eames nella nostra villa di famiglia che ha la mia età ed ancora oggi esprime tutta la sua modernità e i valori a cui mi ispiro. Studiare architettura e costruire è stata la prima passione della mia vita. Nei primi 10 anni della mia carriera mi sono dedicata principalmente all’architettura, curando ogni più piccolo dettaglio dei miei progetti. Per definire il mio lavoro mi piace pensare a una sorta di “equazione dei dettagli” perché nessuno di essi è mai troppo piccolo per non essere considerato. È un approccio articolato ma ritento che sia l’unica strada per creare progetti e oggetti autentici senza tempo. Da questo approccio e dall’incontro con mio marito Luca Dallabetta, che da sempre mi affianca nella mia attività, dedicarmi anche all’industrial design è stato quasi naturale. Siamo stati antesignani, più di 20 anni fa ci siamo autoprodotti creando PROGETTO1, un sistema di tavoli molto articolato che ha avuto una notevole attenzione e che ancora oggi è prodotto da B&B Italia. Penso che il mio stile sia la sintesi di tutte le mie esperienze. La capacità di definire uno spazio o una forma deriva da tutti i sensi e il vissuto ne è sempre parte integrante. Credo che la lente, anche rigorosa della mia prima formazione razionalista, calata nella mia continua osservazione del mondo organico, mi permetta di creare oggetti che sono la sintesi tra armonia, segno preciso, funzione, ricerca tecnologica, mirando al contempo sempre al rifiuto del superfluo.
Come è nato l’amore verso il suo lavoro?
Sono nate collaborazioni importanti ed il suo nome è noto nel settore. Ha voglia di raccontarci il segreto del suo successo? Spesso penso che il nostro lavoro sia magico, utilizziamo una sorta di linguaggio dei segni che ancor più della parola ci permette di entrare in comunicazione con un mondo senza confini. Mi emoziono ancora oggi, dopo tanti anni, vedendo le espressioni delle persone, provenienti delle più eterogenee parti del mondo, davanti a un mio prodotto. Questo mi dà grande energia e gioia. Credo che il successo arrivi dalla mia grande dedizione e dalla continua ricerca, alimentata da una infinita curiosità. Questo approccio mi permette un crossover continuo per definire i miei lavori. Ho chiamato questo processo “Design in Molecules”, ispirandomi alla interazione delle molecole che costituiscono il DNA di ogni mio progetto. Penso poi che la coerenza in ogni mia creazione sia un fil-rouge ben espresso e credo che ciò sia riconosciuto dal mio mondo e sia il segreto del mio successo. Prendendo come esempio il tavolo B&B Allure O’ abbinato alla sedia Flair O’ notiamo modernità e “morbidezza” delle forme.
Come mai la scelta di uno stile più armonioso e meno “spigoloso”? Cosa vorrebbe valorizzare e trasmettere?
Nel caso delle nuove collezioni Allure O’ e Flair O’ tutto è cominciato dalla idea di disegnare un tavolo e delle sedute che fossero anche delle sculture, un segno riconoscibile dentro alla stanza, la cui presenza non passa inosservata, capaci di creare un luogo ma allo stesso tempo oggetti fruibili e conviviali. Ho accennato ai linguaggi sempre in evoluzione per il design che è l’anima, o meglio dovrebbe esserlo, di tutti gli oggetti che l’uomo produce con le sue mani e le macchine che ha inventato per produrli. Dicevo che il design è una sorta di lingua dei segni in continua evoluzione ma per essere autenticamente lasting deve avere un fil-rouge legato a uno stile. Attraverso questo approccio, ispirandomi ad alcune forme degli anni ’60, ho disegnato queste due nuove collezioni. Ho sentito che era il momento di trovare un’espressione che riuscisse a coniugare forme precise con una morbidezza capace di accogliere, forse anche in risposta ai tempi che stiamo vivendo.
Si legge che lei è molto attenta all’illuminazione degli ambienti. Quanto conta lo studio della luce per valorizzare le sue creazioni?
La luce è tutto, per me è al pari di un materiale, forse di più. Cerco di nascondere le sorgenti luminose il più possibile, amo lavorare con la luce indiretta che deve essere sempre dimmerabile per creare scenari diversi durante la giornata e le stagioni che si vivono in un luogo da me creato. Oppure utilizzo la luce racchiusa in un oggetto iconico come una sospensione che diventa puntualmente protagonista. Può concludere con un pensiero/citazione per lei significativo. “Con un’infinita curiosità di innovare, l’impossibile diventa possibile, la sfida è sempre quella di semplificare la complessità”.
Monica, you are an architect, interior designer and designer. Your style is elegant, clean and soft. What do you draw inspiration from and how did you find your style?
First of all, I was born in architecture. My father was one of the leading architects of the rationalist movement in Italy and was in love with the International Style. As a child I used to play between a Bertoia armchair and Eames chairs in our family villa which is my same age and that still today expresses all the modernity and values that inspire me. Studying architecture and building were the first passions of my life. In the first 10 years of my career, I mainly dedicated myself to architecture, taking care of every little detail of my projects. To define my work, I like to think of a sort of “equation of details” because none of them are ever too small not to be considered. It is a complex approach but I believe it is the only way to create timeless authentic projects and objects. From this approach and from the meeting with my husband Luca Dallabetta, who has always supported me in my business, dedicating myself to industrial design was almost a natural process. We were forerunners and more than 20 years ago we self-produced by creating PROGETTO1, a very complex table system that has received considerable attention and which is still produced by B&B Italia today. I think that my style is the synthesis of all my experience. The ability to define a space or a shape comes from all the senses and the experience is always an integral part of it. I believe that the lens, even the rigorous one of my first rationalist training and in my continuous observation of the organic world, allows me to create objects that are the synthesis of harmony, preciseness, function, technological research, while always aiming at the rejection of the superfluous.
How was the love for your work born? Important collaborations were made and your name is well known in the sector. Do you want to tell us the secret of your success?
I often think that our work is magical, we use a sort of sign language that allows us to enter into communication with a world without borders. I still get excited today, after so many years, seeing the expressions of people, coming from the most heterogeneous parts of the world, in front of one of my products. This gives me great energy and joy. I believe that success comes from my great dedication and continuous research, fueled by an infinite curiosity. This approach allows me a continuous crossover to define my works. I called this process “Design in Molecules”, inspired by the interaction of the molecules that make up the DNA of each of my projects. I also think that consistency in each of my creations is a well-expressed fil-rouge and I believe that is the secret of my success. Taking as an example the B&B Allure O’ table combined with the Flair O’ chair, we notice modernity and “softness” of the shapes.
Why the choice of a more harmonious and less “edgy” style? What would you like to enhance and convey?
In the case of the new Allure O’ and Flair O’ collections, it all started with the idea of designing a table and chairs that were also sculptures, a recognizable sign inside the room, whose presence does not go unnoticed, capable of making a place but at the same time usable and convivial objects. I mentioned the ever-evolving languages for design which is the soul, or rather should be, of all the objects that humans produce with their hands and the machines they invented to produce them. I was saying that design is a sort of constantly evolving sign language but to be authentically lasting it must have a fil-rouge linked to a style. Through this approach, inspired by some shapes of the 60s, I designed these two new collections. I felt that it was time to find an expression that could combine precise shapes with a softness capable of welcoming, perhaps also in response to the times we are living in.
We read that you are very attentive to the lighting of the rooms. How important is the study of light to enhance your creations?
Light is everything, for me it is like a material, perhaps more. I try to hide the light sources as much as possible, I love working with indirect light which must always be dimmable to create different scenarios during the day and the seasons that are experienced in a place I created. Or I use the light enclosed in an iconic object as a suspension that promptly becomes the protagonist. You can conclude with a thought / quote that is meaningful to you. “With an infinite curiosity to innovate, the impossible becomes possible, the challenge is always to simplify complexity”.